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Il Castello Mediceo (6)
pag. 7
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LE GLORIE DEL CASTELLO MEDICEO
Con la dinastia dei Medici di Marignano incominciarono i giorni famosi anche per il castello. Gian Giacomo si preoccupò delle opere murarie, dei lavori di abbellimento, oltre che di ornato e di restauro. Lo storico contemporaneo e amico di Gian Giacomo, Missaglia, ci dice espressamente che il marchese di Marignano “spese oltre tremila scudi 
in opere di edilizia al castello di Melegnano”. Nel testamento di Pio IV°; si legge che sono stati fatti lavori “nel castello di Melegnano dall‘illustrissimo Giovanni Giacomo marchese, fratello del papa” e che altri lavori erano pure stati compiuti “per opera dello stesso pontefice”.  Inoltre, dall’attuale salone di Ercole si apriva una galleria al cui inizio
su un medaglione di stucco, con le insegne della dignità ecclesiastica e militare, si leggevano bene queste parole:
Castrum olim ducale
a Ioanne lacobo
marchione primo Melegnani
augustiori forma constructum
a Pio IV fratre
adauctum
Carolus Antonius marchio trinepos
Pinacotheca exornavit
anno Erae christianae
MDCCXVII
le quali parole, tradotte, dicono così: “Il castello che una volta era ducale, ha ricevuto una struttura più maestosa da Giovanni Giacomo, primo marchese di Melegnano, fu accresciuto dal fratello papa Pio IV, e Carlo Antonio nipote in quinto grado lo adornò con la pinacoteca nell‘anno dell‘era cristiana 1717”.
IL PRINCIPE FILIPPO E BARBARA DEL MAINO
Filippo II°, figlio dell’imperatore Carlo V°, nato a Valladolid nel 1527, fu preparato personalmente dal padre nell’educazione diplomatica e politica alla futura successione sul regno di Spagna e i suoi domini, e nel 1546 ricevette l’investitura del ducato di Milano.  Tre anni dopo, nei giorni 8 e 9 gennaio 1549, Filippo II° era a Melegnano, ospite del marchese Gian Giacomo. Il ricevimento in castello fu solenne e maestoso. Gian Giacomo non mancò di offrire all’ospite ogni segno di deferenza.  Da un po’ di tempo il fratello di lui, Agosto, era fidanzato con Barbara del Maino, figlia del conte Gaspare, senatore ducale, e Barbara era una donna bella e ambiziosa. Essendo ancora fidanzata si trovò a Melegnano quando l’arciduca Filippo poco più che ventenne fu ospitato in castello.  In tale occasione Gian Giacomo Medici donò a Barbara molti gioielli perché la donna facesse una degna comparsa a tutti.  Qualche mese dopo, il 25 maggio 1549, si sposò con Agosto, vivendo a Melegnano con lui fino al 19 ottobre 1570, giorno in cui morì il marito Agosto. Ella continuò la sua vita nel castello di Melegnano.  Rimasta vedova - il figlio Gian Giacomo II° aveva soltanto dodici anni - prese nelle sue mani l’amministrazione del castello e del feudo. Ottenne dal senato di Milano, con il decreto in data 14 dicembre 1571, quale feudataria di Melegnano di far pubblicare la grida delle armi, un’ordinanza che regolava il porto d’armi lecito e che condannava quello abusivo come estensione di un privilegio di una legislazione del luogotenente imperiale milanese Del Vasto fin dal luglio 1538.  Barbara del Maino ebbe la ventura di ricevere per Melegnano la nomina di luogo insigne: un riconoscimento che veniva dato a quelle comunità che emergevano per memorie storiche, per importanza civile, economica e politica, per pregi antichi o recenti.
LA DESCRIZIONE DEL 1615
Per l’anno 1615 abbiamo questa particolare descrizione sul castello di Melegnano di Andrea Scoto: “Volendo andare da Milano a Roma, uscirai dalla Porta Romana, e camminando alquanto verso Lodi trovasi a man destra nel territorio di Milano ricco e famoso monasterio di Chiaravalle, al quale è abbate Manfedo Archinto: tra gli altri poderi lasciò la gran vigna del Pilastrello, detta per lo innanzi la “vigna de i poveri”, imperocché il vino, che per quella si raccoglieva, tutto si dispensava tra i poveri. Caminando più oltra, nel territorio di Pavia, ritrovasi la terra di Landriano, poscia 10 miglia discosto da Lodi è posto il nobile e ricco Castello di Marignano per il qual passa il fiume Lambro.  Questo Castello è molto dilettevole et abondante delle cose necessarie per il vivere. Qui vicino è quel luogo dove Francesco primo re di Francia fece strage di 16 mila Svizzeri, con la morte de i quali Massimiliano Sforza venne a perdere la signoria et la libertà”.  È chiaro qui: il nostro viaggiatore per “castello” intende tutto il paese; ma deve averlo colpito il fabbricato monumentale del castello mediceo.  Questa descrizione sia pur sintetica non è la sola voce del passato. Ne esiste un’altra più recente dovuta allo storico melegnanese Giacinto Coldani del 1700 il cui manoscritto fu rivisto e integrato da un altro storico locale in più tarda età, cioè nell’800. Si tratta di Ferdinando Saresani.
LA TESTIMONIANZA DI FERDINANDO SARESANI
Ferdinando Saresani, sacerdote e coadiutore alla chiesa di San Giovanni Battista in Melegnano e morto nel 1875, è celebre perchè volle far pubblicare un manoscritto del 1747, opera di Giacinto Coldani, canonico di San Giovanni.  La parte pubblicata formò un libro a cui il Saresani deve la sua fama: “Cenni storici dell’antico e moderno insigne borgo di Melegnano”.  Il manoscritto che Saresani voleva dare alle stampe uscì a dispense e finalmente, per opera del melegnanese Alessandro Maggi, conservatore del manoscritto, si arrivò alla fine della stampa il 26 aprile 1887.Ecco quanto dice il Saresani: “…Il castello fu un tempo forte baluardo della città di Milano.  Coll’avvicinarlo che faremo potrai facilmente rilevarne il circuito e la maestria ond’è fatto di pietre cotte in forma quadrata. Ma a ravvisarne gli interni pregi e le bellezze di cui lo arricchirono le arti per tanti anni, e il tutto insieme delle preziosità che lo rendevano tanto commendevole, che mai varrebbe adesso dopo tante vicende e dopo tanti anni di abbandono e di espogliazione avvenuta da che il marchese feudatario cessò di guardarlo qual soggiorno di prediletta villeggiatura?  Entriamovi...per la via del ponte che adesso è fermo, quando invece una volta era levatoio, e attraversa tutt’intiera la fossa, che va rasente le mura del castello.  Al primo passo avrai dinanzi allo sguardo un fabbricato massiccio con accanto due vastissime e non meno alte torri; avvi in seguito a mano destra il carcere comunale, e dopo questo un grandissimo porticato a colonne di cotto, che forma due lati, de’ quali l’uno guarda al levante, e a mezzogiorno l’altro “.  Con questa descrizione del castello avvenuta nel secolo passato recente si chiude il capitolo degli avvenimenti storici principali.
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