Sulla
sinistra di Via Zuavi, a sud si apre oggi
la via 8 Giugno, dal nome della sanguinosa battaglia avvenuta a Melegnano
il mercoledì 8 giugno 1859 tra Francesi, vincitori, e gli Austriaci,
sconfitti. Una volta erano campi pacifici, con un sentiero lungo 70 metri
Vicolo Meraviglia, che partiva da via Zuavi sull’angolo
dove sorgeva una cascina chiamata Meraviglia, dal nome dei suoi proprietari
(la Maraveia): l’ultimo limite abitato a sud ovest di Melegnano;
poi, la distesa verde, fino alla Cascina Giardino. I grandi proprietari,
agli inizi del secolo sono: Angelo Vigo, Ettore e Cesare Sangregorio Galli,
Luigi Bellomi, i quali, a poco a poco, costruiscono o vendono i terreni:
e già nel 1932 vi sono stabiliti 23 proprietari, alcuni dei quali
membri di prestigiose famiglie melegnanesi: Bianchi Battista, Anni Giuseppe,
Bersani Giuseppe, Boschetti Antonio, Viganò Enrico, Bertolazzi Enrico,
Cagnoni Dante, Vaiani fratelli, Parmigiani Emilio, Broggini Edoardo, Bertuzzi
Enrico. La storia della via inizia propriamente nel 1910 quando Sangregorio
e Vigo cedono gratuitamente il loro terreno al Comune per l’uso stradale.
Poi ecco 30 anni di crescita: case, villette, campo sportivo (chiamato
“Littorio” nel 1929), Società Operaia, Ambulatorio. “Strada
di notevole importanza.”; dirà una relazione dell’ingegnere Manlio
Bertè‚ nel 1932, quando ebbe l’incarico di studiare la radicale
sistemazione, per il fondo stradale, per lo scarico dell’acqua, per la
più facile circolazione. Una via, che è lunga metri 315 e
larga 10. Stavano sul suo profilo, 40 anni fa una sede dell’Autoraggruppamento
“Emanuele Filiberto”; due
sartorie; due posterie; un fruttivendolo; un calzolaio; un’autorimessa;
un pittore decoratore: convivevano in buon accordo il mangiare e bere,
il vestirsi, l’amore per l’estetica, lo stimolo all’automobilismo. La vita
del piccolo mondo di casa. Poi arrivano segni di tempi più moderni:
tre palazzi di 9 piani; l’Unità Sanitaria Locale; una mini galleria
di quadri; una sede del P.C.I.; una pizzeria, una tintoria. Ma l’eterno
necessario rimane: un pastificio, una macelleria, una merceria, vini e
liquori, una cartoleria, un’osteria dal nome emblematico “Primavera”.
I travestimenti parietali esterni non hanno levato i contrasti: linea sinuosa
per breve tratto; cortiletti; rientranze; giardinetti semi nascosti e guardinghi;
balconi assolati e gemmati di fiori rossi; qualche nonna seduta sulla porta
di casa, attardata nel tramonto, e lo sguardo di pacata umile sapienza.
Ed una sua storia e sua poesia ebbe, ai numeri civici dal 63 al 75, il
palazzo detto “Cairo” più storia di sofferenze nascoste, che di
poesia decorativa e superficiosa: il “Cairo” fu uno di quei palazzo cortili
melegnanesi dove la vita ha scalpellato densamente stagioni e vicende su
quattro metri di terra come un regno - al censimento del 1951 vi erano
27 famiglie che provenivano da Casalmaiocco, Inverno, Villavesco, Casaletto
Lodigiano, Locate, Ospedaletto, Caprino Veronese, San Zenone, Peschiera,
San Giuliano, Desio. :Verrà la pena di tornare seriamente
sull’argomento dei cortili melegnanesi cari alla tradizione: non per risuscitare
singolarità abbaglianti o curiosità di fantasmi divertenti
che nessuno più conosce, ma per tentare di cogliere quanto di avvilente
o di straordinario, in un destino di sconfitta o di successo, c’era nell’intelaiatura
umana trascorsa, arrivata fino a noi, modificata in peggio o in meglio
dalle scelte delle nuove generazioni. “Tradizione” vera è
la storia quando diventa fonte di ispirazione di idee e di azioni.. |